Biblioteca
Esame di realtà:
è essenziale anzitutto saper tenere i piedi per terra e rendersi conto di com’è fatto il mondo, di qual è la biologia e la psicologia dell’essere umano, di come funzionano i sistemi biologici, sociali e di potere; i gruppi, le coppie e le famiglie.
Problem solving e creatività:
si può crescere solo se si possiede quella necessaria apertura mentale che porta a indagare le molte forme – a volte davvero creative – che il cambiamento può assumere.
Virtù:
infine bisogna saper selezionare quali, tra tutte le strategie a disposizione, sono quelle che maggiormente promuovono la propria progressione psicologica.
Biografie
Schizzi autobiografici. George Bernard Shaw
Shaw, G.B. (1999). Schizzi autobiografici. Milano: Archinto
George Bernard Shaw è il mio eroe, secondo solo a Charles Darwin: acuto, divertente, fuori dagli schemi, incredibile aforista e – non tutti sanno – premio Nobel per la letteratura (nel 1925) e premio Oscar per la migliore sceneggiatura (nel 1939). La sua autobiografia è piena di sferzanti considerazioni su se stesso e sulle regole generali che governano la vita, e di episodi gradevoli e illuminanti, come quando racconta della ferma decisione di non voler essere pagato per nessuna delle sue conferenze, perché recepire un compenso per parlare in pubblico avrebbe significato per lui essere costretto a “tenere il solito tipo di conferenza, che evitava le polemiche politiche e religiose”: lui desiderava invece sentirsi totalmente libero. Oppure come quando racconta in che modo sia riuscito a farsi fare un busto da Auguste Rodin, il quale non aveva mai sentito parlare di Shaw, e all’inizio si rifiutò di accettare l’incarico. Mrs Shaw allora scrisse a Rodin dicendo che desiderava avere un’opera che celebrasse il marito, e che suo marito sosteneva che, essendo un contemporaneo di Rodin, se avesse avuto il suo busto modellato da un altro artista qualsiasi sarebbe stato messo alla berlina dai posteri come un ignorante. Rodin, scoprendo che avrebbe avuto a che fare con un uomo che conosceva il suo valore, iniziò a tentennare. Quindi Mrs Shaw si informò presso il poeta Rainer Maria Rilke, a quel tempo segretario di Rodin, sull’onorario che di solito lo scultore chiedeva per un busto. La somma (1000 sterline) fu subito accreditata sul conto di Rodin, con l’intesa che il denaro non lo avrebbe obbligato a vincoli di sorta: doveva prendere il pagamento come un contributo alla sua opera e al suo genio. Naturalmente il risultato fu che Rodin scrisse agli Shaw chiedendo loro di raggiungerlo subito a Parigi nella sua villa di Meudon, dove lavorò intensamente ogni giorno per un mese finché il busto non fu terminato.
Come accade per gli scritti di Seneca, è davvero difficile scegliere uno tra i tanti aforismi del libro di George Bernard Shaw. In questo caso ricorrerò a una citazione che non è tratta dal testo autobiografico, e che ho deciso di scrivere a pennarello sul muro del corridoio di casa mia: “Questa è la vera gioia nella vita: utilizzare la tua esistenza per uno scopo alto, essere una forza della natura invece di un frenetico, egoistico, piccolo cumulo di amarezze e lamentazioni per il fatto che il mondo non si è posto come suo scopo la tua felicità”.
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Comportamento Umano
Percezioni. Beau Lotto
Lotto, B. (2017). Percezioni. Come il cervello costruisce il mondo. Torino: Bollati Boringhieri
Un libro costruito in modo geniale, non solo per il fatto di essere un pozzo di informazioni scientifiche, ma anche per la sua stessa composizione fisica: il modo in cui sono scritte le parole e come sono collocate all’interno delle pagine concretizza ed esemplifica il tema di cui il libro parla, ovvero come percepiamo il mondo. Le nostre percezioni non solo ci caratterizzano, ma anche ci condizionano (e la storia della psicologia, come disciplina scientifica provvista di una sua autonomia, inizia proprio con l’indagine sulle sensazioni e sulle percezioni). E sullo studio delle percezioni – ovvero del mondo in cui interpretiamo gli stimoli che arrivano ai nostri sensi – si basano anche le illusioni ottiche, i trucchi magici, gli stratagemmi di guerra, le astuzie seduttive, e anche la psicoterapia… e queste discipline sono straordinariamente e incredibilmente tra loro connesse.
La mia citazione preferita del testo è: “Se volete capire gli esseri umani dovete conoscere i loro preconcetti, i loro assunti; ma non chiedeteli a loro! E se volete conoscere voi stessi, la risposta migliore si trova in un’altra persona. Gli altri riescono meglio di noi stessi a prevedere il nostro comportamento”.
La scimmia nuda. Desmond Morris
Morris, D. (2017). La scimmia nuda. Studio zoologico sull’animale umano. Milano: Bompiani
Siamo primati. Cugini stretti degli Scimpanzé, dei Gorilla e degli Orango. Anche se non abbiamo peli. E se osservassimo noi stessi come un etologo osserva gli altri primati, cosa ne verrebbe fuori? “La scimmia nuda” di Morris, che è tra i libri più letti al mondo, con i suoi oltre i 12 milioni di copie vendute. Il messaggio è chiaro: abbiamo una storia evolutiva alle nostre spalle, e un patrimonio genetico che ci fa essere ciò che siamo. Conoscere le nostre caratteristiche di scimmia nuda è il minimo che possiamo fare per capire come siamo fatti… realmente. Ad esempio l’essere umano è l’animale più sensuale che ci sia. L’evoluzione ci ha resi pieni di segnali sensuali: il mostrare le “vampate” durante l’eccitazione (“l’impressionante spostamento della distribuzione del sangue dalle zone più profonde del corpo a quelle superficiali”); l’avere i lobi auricolari, appendici che non hanno alcuna utilità se non per aumentare la gratificazione sessuale; il detenere il record per il pene più grande in erezione rispetto a tutti gli altri primati viventi; l’avere un seno che simula le natiche, mostrate anch’esse come segnale di richiamo sessuale. Per buona pace dei puritani, la natura dà grande importanza alla capacità di richiamare l’interesse del partner.
Il passaggio presentato nel libro che più mi è piaciuto è il seguente: la natura, per far funzionare bene una coppia dopo il lungo periodo di corteggiamento, ha reso le attività in comune più complicate e, allo stesso tempo, più soddisfacenti.
Comunicazione
Manuale di conversazione. Francesca Duranti
Duranti, F. (2009). Manuale di conversazione. Né rissa né noia. Lucca: Maria Pacini Fazzi Editore
Nel mondo dei libri, noiosi e ripetivi, sul tema della comunicazione il Manuale di conversazione della Duranti rappresenta un gioiellino contemporaneo che risponde a una domanda centrale per la vita quotidiana: come si gioca al gioco della conversazione?
L’autrice – con l’elegante scrittura che la caratterizza – indica alcuni elementi basilari. Anzitutto, conversare è un’attività piacevole, collettiva, economica e istruttiva che coinvolge 4-8 persone al massimo (ma può riguardare anche il rapporto di coppia), e ha uno scopo preciso: “lanciare palle” agli altri presenti in modo tale che qualcuno possa raccogliere la palla e proseguire il gioco. Da questa premessa scaturisce un prontuario di regole da tenere a mente (e di scivoloni da evitare) al fine di rendere davvero proficuo questo gioco sociale. Venti regole in tutto, e una più interessante dell’altra. L’ottava, ad esempio: fai in modo che la tua voce durante una conversazione non risuoni solitaria per più di 60 secondi, “e credetemi”, sottolinea la Duranti, “è tanto”. Se ti stai lasciando andare a “una lunga esegesi, tutti gli altri non possono fare altro che assistere in silenzio. Ho detto di proposito ‘che non possono fare altro che ascoltare in silenzio’, perché per lo più non ascolteranno. Si annoieranno e basta”.
Quindi conversare non significa tenere una conferenza, né tanto meno raccontare i propri disagi esistenziali o di salute, ma proporre temi di interesse generale in modo tale che ognuno possa raccontare liberamene il proprio punto di vista… e così arricchire gli altri. E la conversazione è realmente tale solo se vi è dissenso: conversare non è una sorta di rito liturgico dove tutti sono d’accordo. Anzi si tratta di conversazione, prosegue la Duranti, solo se è “a rischio”. Anche perché il rischio è il presupposto per un sano ed effettivo apprendimento.
Come citazione preferita riporto un brano in cui l’autrice analizza con acume in che modo possiamo boicottare una bella conversazione riformulando, nella nostra mente, con parole positive alcuni comportamenti che invece sono del tutto inefficaci. La Duranti si rivolge ai boicottatori per eccellenza dei bei momenti di conversazione: i narcisisti logorroici. “Quando interrompono pensano di sostituire utilmente un tema interessante a uno noioso; il loro parlare confuso e ripetitivo lo considerano spontaneo e non conformista; il loro dilungarsi, aiutati da uno o più complici, su questioni interne al loro mondo professionale lo giudicano un prezioso aggiornamento culturale per l’uditorio profano. Quanto al proprio perdere le staffe lo vedono come una sacrosanta indignazione di fronte a opinioni inaccettabili. E soprattutto del suono della propria voce non sono mai sazi e mai crederanno di parlare troppo o di non dare sufficiente spazio agli altri; considerano la propria persona, i propri cari, il proprio lavoro, i propri successi, i propri ricordi, il proprio bollettino medico obiettivamente interessati, e quindi legittimo argomento da proporre ai presenti. Considerano gli inutili dettagli con cui appesantiscono i racconti come affascinanti tocchi di colore. Questo innesca un paradosso: gli infelici ascoltatori sono ammutoliti perché applicano una strategia difensiva che consiste nel non gettare legna sul fuoco, nella speranza che l’argomento si esaurisca e si spenga da solo; il malato di logorrea scambia invece il silenzio per un’attenzione rapita e continua ad ammorbare la serata”.
Manuale di retorica. Bice Mortara Garavelli
Mortara Garavelli, B. (2008). Manuale di retorica. Milano: Bompiani
E’ in assoluto IL punto di riferimento quando si parla di testi sulla retorica; quello di Mortara Garavelli è un libro così fitto di informazioni da dare a volte la sensazione di essere un testo impenetrabile. Resta comunque un must have per i cultori della comunicazione.
Grazie a questo libro ho scoperto un bellissimo aforisma sugli aforismi (forma linguistica estremamente utile in psicoterapia), scritto da Groucho Marx: “L’aforisma non coincide mai con la verità, o è una mezza verità, o una verità e mezzo”.
L’arte di conversare. Michel de Montaigne
Montaigne, M. (2015). L’arte di conversare. Roma: Elliot
L’arte di conversare di Michel de Montaingne, insieme a L’arte della persuasione di Blaise Pascal e a L’arte di tacere dell’abate Joseph Dinouart, costituiscono un trittico magistrale sulle lezioni che gli antichi maestri di comunicazione efficace ci hanno lasciato: tre testi brevissimi che non possono mancare nella biblioteca degli appassionati della tematica. Montaigne ha la capacità di condensare in poche parole e in poche frasi idee succulente e non convenzionali, come quando afferma che i migliori insegnanti di comunicazione sono le persone che la usano in modo pessimo: da chi commette molti errori c’è sempre un sacco di cose da imparare.
La mia citazione preferita è: “L’essere d’accordo è una qualità estremamente noiosa all’interno di una conversazione. Se converso con uno spirito forte, con uno che si destreggia gagliardo e abile, questo mi preme sui fianchi, mi pungola a sinistra e a destra; le sue idee slanciano le mie”.
Creatività
La danza della realtà. Alejandro Jodorowsky
Jodorowsky, A. (2014). La danza della realtà. Milano: Feltrinelli
Personaggio poliedrico, e anche un po’ equivoco, Jodorowsky ha vissuto una vita intensa, che ognuno vorrebbe augurare a se stesso. La danza della realtà è la sua autobiografia romanzata, che ti fa assaggiare la bellezza del vivere a pieno le proprie emozioni. Da psicoterapeuta mi fa un po’ rabbrividire sentir parlare di teatro-consiglio, psico-magia, psico-sciamaneismo… e sentirne parlare da un non-psicoterapeuta, ma… vabbé… il libro è talmente vero e bello che ci si passa sopra.
La mia citazione preferita è: “L’educazione ci inculca la paura del cambiamento e ci mantiene a un livello di coscienza infantile dove si venera la sicurezza venefica e si detesta la salutare incertezza”.
Non conta volere, ma volere contare. Paul Arden
Arden, P. (2005). Non conta volere, ma volere contare. Il libro più venduto nel mondo di Paul Arden. New York: Phaidon
E’ un libruccino che ho trovato a Palazzo Ducale a Venezia; nei bookstore dei Musei si trovano sempre libri sorprendenti e il libro di Arden è stato realmente una bella sorpresa. Creativo fuori dagli schemi, l’autore ha voluto sintetizzare in poche pagine le istruzioni su come ha avuto successo nel mondo dell’advertising, e su come questo possa fungere da metafora nell’arte del saper stare al mondo. Fornisce molte idee pratiche per pensare out of the box e propone riflessioni acute sui meccanismi che governano il processo creativo, come ad esempio l’esagerazione (il tema è “imparare dai supereroi”: non c’è limite a quanto possa essere estremizzata una buona idea per renderla ancora più buona) o la connessione fra due elementi tra loro distanti (connetti – in modo sensato – due idee che non sono state ancora connesse da nessun altro, e ti diranno che sei un genio).
La mia citazione preferita è: “Per molti è importante la simpatia, piacere agli altri. Non bisogna però dimenticare che arrivare al cuore e arrivare in alto sono due cose di pari valore, ma diverse”.
Problem Solving
I principi del successo. Jack Canfield
Canfield, J. (2009). I principi del successo. Come arrivare da dove sei a dove vuoi arrivare. Milano: Gribaudi
Nonostante abbia poi virato verso lidi piennellari e thesecrettiani, Jack Canfield ha scritto un capolavoro di sintesi e concentrazione di tutto ciò che c’è da sapere di basilare sul coaching. Il libro è ben scritto ed è ricco di spunti pratici. Di solito i testi voluminosi sul coaching sono pieni di banalità e sciocchezze, ma non in questo caso: sono non più del 5% del testo che, per un volume così, è davvero un record. Insomma: va letto.
La mia citazione preferita è: “Hai il controllo solamente su tre cose nella vita: i pensieri che hai, le immagini che visualizzi e le azioni che compi. Il modo in cui usi queste tre cose determina tutto ciò che sperimenti. Se non ti piace, cambia. Cambia i pensieri negativi. Cambia ciò che sogni a occhi aperti. Cambia le abitudini. Cambia ciò che leggi. Cambia i tuoi amici. Cambia il modo in cui parli. Perché se continui a fare ciò che hai sempre fatto, continuerai a ottenere ciò che hai sempre ottenuto”.
Come essere il numero 1. Mark Divine
Divine, M., Machate, A. (2018). Come essere il numero 1. Pensare e agire come un guerriero e vincere ogni giorno. Milano: TEA
Fatta la tara alla fastidiosa modalità narcisistica di Divine (quando si dice che il cognome rivela l’uomo), si tratta di un riassunto davvero valido di ciò che è utile per la propria crescita personale. In una parola sola: autodisciplina. E fa un certo effetto quando a raccontartelo è uno dei Navy SEALs (unità ancora più esclusiva rispetto a quella dei Marines, e in cui è ancora più difficile essere ammessi), riconosciuto come uno dei migliori trainer (i narciso, poi, riescono sempre a farti credere che sono realmente i numeri 1). Ne consiglio la lettura soprattutto come “lettura finale”, per fare il punto della situazione dopo un fitto periodo di lavoro su di sé, come una sorta di parafrasi di ciò che è importante “mandare a memoria”.
La mia citazione preferita è contenuta nel credo della Via dei SEAL: “Sono consapevole del motivo per cui compio le mie azioni. Non permetterò ai venti del dolore e del piacere di distogliermi dalle mie intenzioni e non lascerò che il volere degli altri mi distragga dal mio scopo. Nel corso del mio viaggio, accolgo il rischio, la perdita e il fallimento come necessari compagni e insegnanti. Non mi tiro mai indietro quando ho il dovere di prendere il comando, ma sono pronto a fare un passo indietro quando è il turno di qualcun’altro. Non ricerco il potere, la gloria, il denaro e la fama, quanto la possibilità di guidare e servire nel corso del mio viaggio verso la padronanza di me stesso”.
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Change. Paul Watzlawick
Watzlawick, P., Weakland, J.H., Fish, R. (1974). Change. Sulla formazione e la soluzione dei problemi. Roma: Astrolabio
Change è stata una folgorazione sulla via di Damasco. Devo a Watzlawick molte cose: grazie a lui ho ripreso gli studi in psicologia che avevo abbandonato, ho scoperto che non ero solo al mondo a pensare che i paradossi fossero un’ottima cura per i problemi umani, mi ha fatto scoprire che esisteva un programma di ricerca chiamato “terapia breve” che è diventata la mia vita. Posso dire – senza temere esagerazioni – che senza Watzlawick non sarei ciò che sono oggi. Il libro è un must have, un apri-mente senza eguali, e lui è un formidabile esempio di uomo che è stato in grado di unire la scienza a una scrittura raffinata.
La mia citazione preferita è: “Reale è ciò che un numero sufficientemente grande di persone ha deciso di definire tale, ma di solito ce ne dimentichiamo, e la definizione che abbiamo dato viene resa una ‘cosa’ autonoma, e alla fine viene vissuta come una realtà oggettiva, che a quanto pare solo un pazzo non riesce a vedere”.
Psicoterapia
Change. Paul Watzlawick
Watzlawick, P., Weakland, J.H., Fish, R. (1974). Change. Sulla formazione e la soluzione dei problemi. Roma: Astrolabio
Change è stata una folgorazione sulla via di Damasco. Devo a Watzlawick molte cose: grazie a lui ho ripreso gli studi in psicologia che avevo abbandonato, ho scoperto che non ero solo al mondo a pensare che i paradossi fossero un’ottima cura per i problemi umani, mi ha fatto scoprire che esisteva un programma di ricerca chiamato “terapia breve” che è diventata la mia vita. Posso dire – senza temere esagerazioni – che senza Watzlawick non sarei ciò che sono oggi. Il libro è un must have, un apri-mente senza eguali, e lui è un formidabile esempio di uomo che è stato in grado di unire la scienza a una scrittura raffinata.
La mia citazione preferita è: “Reale è ciò che un numero sufficientemente grande di persone ha deciso di definire tale, ma di solito ce ne dimentichiamo, e la definizione che abbiamo dato viene resa una ‘cosa’ autonoma, e alla fine viene vissuta come una realtà oggettiva, che a quanto pare solo un pazzo non riesce a vedere”.
Ideomotor Signals for Rapid Hypnoanalysis. Ewin e Eimer
Ewin, D.M., Eimer, B.N. (2006). Ideomotor Signals for Rapid Hypnoanalysis. A How to Manual. Springfield (IL): Charles C. Thomas
Sì, è in inglese. Sì, costa 60 euro. Ma li vale tutti, e anche di più. Nel panorama americano e anglofono non si fanno – a ragione – alcun problema a descrivere nel dettaglio come si applicano le tecniche psicoterapeutiche: la scienza è democratica, e diffondere la conoscenza di una tecnica non significa darne la licenza di utilizzo (leggere un libro di chirurgia non rende un chirurgo). Il libro descrive nel dettaglio come si fa un’induzione ipnotica e come si elicitano i segnali ideomotori in quella tecnica bizzarra e sorprendente che è il “dialogo con l’inconscio” attraverso i movimenti automatici delle dita del paziente. Attraverso questo tipo di dialogo, di cui ho dato alcuni esempi ne La sottile arte di incasinarsi la vita, è possibile esplorare le motivazioni inconsce che mantengono in piedi un disturbo psicosomatico, e aiutare l’inconscio a superarlo: una seduta di 20 minuti impostata come indicato da Ewin e Eimer è in grado di sostituire mesi di terapia che utilizza come unico canale la consapevolezza esplicita del paziente.
Preziosa è la distinzione che i due autori fanno delle 7 motivazioni inconsce che mantengono in piedi un problema psicosomatico: un’esperienza passata traumatica (ad esempio un abuso subito da una paziente durante l’infanzia che ne ha provocato il vaginismo), più esperienze passate che hanno sensibilizzato (ad esempio esperienze multiple di litigate in famiglia che hanno provocato al paziente la sensazione frequente di blocco allo stomaco), il linguaggio d’organo (ad esempio un mal di schiena cronico connesso al fatto che il paziente pensa di essere sempre “pugnalato alla schiena” dagli altri), l’auto-punizione (ad esempio una paziente che non riesce a vivere a pieno le emozioni perché è il suo modo di auto-punirsi per non essere stata in grado di salvare la madre dalla depressione cronica), il conflitto (ad esempio un tic all’occhio dovuto al fatto il paziente non riesce a decidere se vuole realmente sposarsi oppure no), il vantaggio secondario (ad esempio un paziente che sviluppa dei blocchi motori per poter avere maggiori attenzioni da parte dei propri genitori), l’identificazione (ad esempio un paziente che ha la tosse nervosa che ha “preso” dal padre).
Una bambina. Torey Hayden
Hayden, T.L. (1983). Una bambina. Milano: Corbaccio
Questo libro mi è capitato tra le mani all’età di 19 anni per una serie di sfortunatissimi eventi. E di questo devo ringraziare le casualità della vita, perché leggendolo ho deciso che sarei diventato psicoterapeuta. E’ un libro emozionante: la storia vera di una bambina di 6 anni che aveva dato fuoco ad un bambino di 3 anni; troppo piccola per andare in carcere, ma anche troppo piccola per un riformatorio. Viene allora inviata nella classe speciale di Torey da cui si sente finalmente capita, amata e trasformata. Rapisce così tanto la lettura del libro che, arrivato alla fine, continuavo a girare le ultime pagine bianche sperando ci fosse ancora qualcosa di scritto.
La mia citazione preferita è: “Ti ricordi? Mi hai addomesticata. Sei responsabile di me. Questo significa che non dimenticheremo mai di amarci. Significa che forse piangeremo un po’, adesso. Ma presto ricorderemo com’eravamo felici insieme”.
Il senso della vita. Irvin Yalom
Yalom, I.D. (2016). Il senso della vita. Vicenza: Neri Pozza
Yalom è uno scrittore 10 e lode, e questo libro ti fa entrare nel suo mondo e nel suo modo di fare terapia, che lo ha reso – a ragione – lo psicoterapeuta più amato dal popolo dei lettori. Un modo di fare psicoterapia in cui il terapeuta si lascia trasformare dai pazienti, e in cui, al di là del “gesto tecnico”, ci sono “atti terapeutici” che sono degli atti esistenziali: due vite che stanno l’una accanto all’altra. Il libro parla di esistenza e di esistenze, e ruota attorno alla domanda a cui nessuno di noi può sottrarsi: “Che senso ha vivere?”.
La mia citazione preferita riguarda la scrittura, ed è: “Mettevo la scrittura al primo posto e non permettevo a nulla e a nessuno di interferire. Sorvegliavo il mio tempo come un’orsa sorveglia i suoi cuccioli”.
Strategia
Le regole del potere. Chinghua Tang
Tang, C. (2017). Le regole del potere. I segreti del successo nelle massime senza tempo dell’imperatore Tang. Firenze: Giunti
Si tratta dell’interessate resoconto delle conversazioni tra l’imperatore Tang Taizong (uno dei sovrani cinesi più significativi che regnò dal 626 al 649 d.C.) e i suoi ministri. E’ in questo testo che ho trovato la testimonianza più antica di quella tecnica di comunicazione che ho denominato “domanda degli opposti che svelano”. L’imperatore, a un certo punto, rivolge ai consiglieri questa domanda: “Cosa è meglio secondo voi: un governatore sciocco circondato da ministri responsabili, oppure uno capace, ma servito da ministri negligenti?”. La riposta più immediata sarebbe: “Che entrambi siano saggi e responsabili”, ma la domanda – posta con questi due estremi – obbliga l’interlocutore a svelare la sua vera priorità. È un tipo di domanda che ha lo scopo di mettere in chiaro l’obiettivo principale. Tu cosa risponderesti? Se decidessi di propendere per il “governatore capace” la tua attenzione allora ricadrà soprattutto sulla formazione dell’imperatore; se invece decidessi di rispondere “ministri responsabili” la tua priorità diventerà la selezione dei consiglieri. I due obiettivi sono ugualmente nobili, ma molto completamente diversi.
Infiltrarsi nella mente degli altri. Leo Martin
Martin, L. (2016). Infiltrarsi nella mente degli altri. Un agente segreto rivela il metodo per conquistare la fiducia del prossimo. Milano: Vallardi
Da chi imparare l’arte di ottenere la fiducia degli altri (la cosa più preziosa che possano regalarti)? Sicuramente da un agente dei servizi segreti che, per professione, deve rendersi credibile e affidabile agli occhi di un delinquente, spingendolo a rivelare tutti i segreti della sua organizzazione criminale. Leo Martin (pseudonimo per tutelare l’anonimato) ha esperienza diretta sul campo e la capacità narrativa per tenerti agganciato al libro fino all’ultima pagina.
La mia citazione preferita è il “decalogo” finale, scritto per riassumere i concetti espressi sull’atteggiamento mentale da acquisire: “-Io creo solo situazioni win-win: anche gli altri traggono vantaggio dal nostro incontro, conoscenza o rapporto -Faccio fare sempre bella figura agli altri e consento sempre loro di salvare la faccia -Non critico non giudico, non diprezzo -Aiuto gli altri per quanto è nelle mie possibilità senza aspettarmi una contropartita -Non baso la mia autostima su quello che pensano gli altri di me -Sono indipendente dagli influssi esterni; in ultima analisi, non dipendo dalla persona che ho davanti e dalle sue scelte -Non mi faccio contagiare dalla negatività degli altri -Mi assumo le mie responsabilità, a maggior ragione in caso di decisioni o risultati negativi -Prendo decisioni sfruttando per intero il mio margine di manovra -Sono pragmatico: bado ai fatti e ai risultati -Mi concentro sulle mie capacità -Mi concentro sulle capacità degli altri, non sulle loro carenze -Ho delle idee e ne rendo partecipi gli altri -Mostro passione ed entusiasmo -Manifesto sempre fiducia -Presto attenzione a quello che dico, e soprattutto a quello che non dico -Non mi lamento mai -Evito gli argomenti negativi o quelli che possono provocare una crisi -Mantengo sempre le promesse -Proteggo le persone che mi sono vicine”.
Fotti il potere. Francesco Cossiga
Cossiga, F., Cangini, A. (2010). Fotti il potere. Gli arcana della politica e dell’umana natura. Roma: Alberti Editore
Ministro dell’interno, poi presidente del consiglio, in seguito presidente della Repubblica, infine senatore a vita. Amato dal popolo. Odiato dai colleghi. Si dimise da ministro quando nel ‘78 fu ucciso Aldo Moro. Un uomo devoto alla politica… e un personaggio che le cose non le mandava a dire. Senza giri di parole, nel libro-intervista Cossiga racconta il potere, nelle sue varie sfaccettature: la fame di potere, la gestione del potere, ciò che il potere fa conquistare e la libertà che inevitabilmente sottrae. Come ogni analisi cinica sa fare, il libro è molto istruttivo e permette un sano bagno freddo nella cruda realtà. Tutti gli uomini – scrive Cossiga – fanno politica per due soli motivi: per narcisismo o per idealismo… Non è chiaro però quale fosse il suo motivo.
Il passaggio che più mi ha colpito è il seguente: “Organizzazione piramidale, divisione in clan spietatamente in guerra tra loro, sopraffazione, omertà, annichilimento dell’avversario, regole non scritte, presunzione di onnipotenza, frequente ricorso a un universo simbolico e mitico: vale per la mafia così come per i partiti politici. Tutto questo è vero, ma è vero in assoluto e non solo rispetto alla politica. Le dinamiche mafiose sono tipiche di qualsiasi organizzazione di potere. Non si tratta di un problema di contesto, ma di natura umana. Ogni uomo di potere, politico o no, fa la stessa cosa: in cuor suo tende al potere assoluto”.
Trattato dell’efficacia. François Jullien
Jullien, F. (1998). Trattato dell’efficacia. Torino: Einaudi
Jullien è uno dei miei miti e il suo Trattato dell’efficacia è un libro STRAORDINARIO. Non ho altre parole per definirlo. A molte persone che seguo in terapia, e a tutti gli studenti dei corsi in cui insegno, lo do come lettura obbligatoria. E’ un testo un po’ difficile e molto denso. Va letto piano piano, ma offre un appassionante sguardo sulla cultura orientale, offrendo un banchetto sontuoso di riflessioni. E’ da Jullien che ho preso ispirazione quanto ho definito le “inclinazioni psicologiche”; traducendo l’approccio dell’antica Cina in un linguaggio comprensibile per un occidentale, lui afferma che, secondo la mentalità orientale, “la realtà è inclinata”. Tutto ciò che riguarda la vita, l’uomo, le interazioni, ha una pendenza: chi la sa cogliere riesce ad aumentare la propria efficacia e a fare delle buone previsioni. Allo stesso modo Sun Tzu ne L’arte della guerra scriveva che era facile prevedere chi avrebbe vinto in una battaglia: bastava analizzare alcuni elementi in gioco che sono sempre presenti. L’esito di una guerra non è un’opinione, ma una certezza – sosteneva Sun Tzu – perché, appunto, la realtà è inclinata, ha delle propensioni che possono essere còlte, studiate, e cavalcate per raggiungere i propri obiettivi. Se abitassimo in un mondo in cui fosse vietata la lettura dei libri (alla Fahrenheit 451), questo sarebbe il testo che mi offrirei di imparare a memoria.
Una delle frasi che preferisco è: “Più la condotta è efficace, meno è visibile”.
Virtù
Lettere a Lucilio. Lucio A. Seneca
Seneca, L.A. (2018). Lettere a Lucilio. Milano: Mondadori
Laicità e profondità, astuzia ed etica: un manuale di istruzioni sulla complicata e affascinante arte del saper vivere. Scritto da un filosofo che ha incantato generazioni di giovani nel corso dei secoli con la sua scrittura densa e dritta all’obiettivo. Seneca parla dalla posizione di chi ha raggiunto i vertici della ricchezza e del potere (era senatore e consigliere dell’imperatore); questo lo rende ancora più autorevole quando parla della sua scelta di vivere godendosi l’essenziale, di pratica della sobrietà, di ottimizzazione di ogni singola ora della propria vita, di come godersi ogni giorno avendo sempre davanti a sé la propria fine. Vivere sapendo di morire può far diventare pazzi o saggi: Seneca è convinto che la seconda opzione sia praticabile. Suo è anche il De brevitate vitae, altra lettura che non posso non consigliare, in cui il filosofo suggerisce che non è vero che la vita è breve: è lunghissima, solo che diventa breve per chi la riempie di impegni totalmente vani.
La mia citazione preferita è la seguente (è stato difficile sceglierla perché il libro è pieno di meravigliosi aforismi): “La saggezza sborsa, senza dilazione, tutte le ricchezze: rendendole inutili, essa le dona”.
Leader per vocazione. Chris Lowney
Lowney, C. (2005). Leader per vocazione. I principi della leadership secondo i gesuiti. Milano: Il Sole 24 Ore
Ho una predilezione per i Gesuiti. Mi piace molto la loro storia, la loro spiritualità, la loro ingegnosità, e la passione che ci mettono nello studio della comunicazione. I Gesuiti si sono posizionati sul “mercato” – fin dall’inizio – come ottimi consulenti nelle decisioni di vita importanti sia di principi e regnanti che della gente semplice, e dalle pagine del libro si capisce il perché. Lowney è un ex-gesuita che, alla fine dei 10 anni di formazione, decide di non entrare definitivamente nell’Ordine; racconta però che quel lungo periodo gli hanno regalato una grande auto-disciplina e una visione chiara di come si “governano gli spiriti” che si agitano nell’animo umano… tanto da renderlo appetibile sul mercato del lavoro. Infatti, subito dopo l’uscita dall’Ordine, viene assunto in una posizione di comando in una grande azienda. “Com’è possibile che mi sia accaduto questo?”, si domanda Lowney. “Cos’ho imparato di così importante per essere tanto desiderabile per il mondo delle organizzazioni?”. Tra le molte competenze quella di saper esercitare la leadership con la “l minuscola”: non si esercita la leadership aspettando i grandi momenti, perché se aspetti Il Grande Momento o non arriverà mai o non sarai in grado di gestirlo quando arriverà. La leadership va esercitata nei piccoli momenti, come quando condividi con qualcuno lo spazio stretto di un ascensore, per pochi secondi. Proprio lì, in quella piccola occasione, puoi rivolgerti al tuo compagno di ascensore dicendo proprio-quelle-parole che possano essere in grado di produrre un grande effetto in lui e aiutarlo a rendere migliore la sua vita.
La mia frase preferita è: “L’eroismo fa dell’essere umano un sognatore e, al tempo stesso, un infaticabile pragmatico”.
Vita di coppia
Il corso dell’amore. Alain de Botton
Botton, A. (2016). Il corso dell’amore. Milano: Guarda
Bello, bello, e ancora una volta bello. Siamo talmente riempiti da libri-da-scaffale che rischiamo di abituarci all’idea del “Vabbè, ho pagato 12 euro, che ci vuoi fare? Se anche mi ha dato un’unica idea buona ci sta”. Questo è invece un libro con la L maiuscola: di euro ne vale almeno dieci volte tanto. De Bottom unisce capacità narrativa a un condensato di saggezza psicologica sull’amore di coppia. Il tema centrale è la differenza abissale che c’è tra amore-che-funziona e amore-romantico… E l’educazione affettiva è ciò di cui più abbiamo bisogno.
La mia citazione preferita è: “L’amore è abilità più che entusiasmo”.
The Game. Neil Strauss
Strauss, N. (2018). The Game. La Bibbia dell’artista del rimorchio. Milano: BUR
Neil Strauss è un giornalista con i controfiocchi e la sua capacità di story teller è affascinante: riesce – nel suo lungo reportage di due anni di esperienza da praticante ADR (Artista Del Rimorchio) – a mixare crudezza di contenuti e riflessioni profonde, storia personale e consigli pratici. La sua “Bibbia del perfetto rimorchiatore” non lascia indifferenti e la conoscenza pratica del complesso rapporto uomo-donna che ne esce fuori è davvero utile. Ho regalato il libro a mio nipote adolescente (perché lasciare i ragazzi da soli a scoprire i segreti del rimorchio se li ha descritti così bene Strauss?) e ne ho consigliato la lettura a molte donne (sapere quali sono i “trucchi del mestiere” dei pick-up artist aiuta anche a conoscere meglio se stesse). Un esempio simpatico di trucco per rimorchiare sono i CAP, i commenti acidi programmati, come dire a una donna, avvicinandosi a lei sorridendole, “Sai che i tuoi capelli sanno di fumo? Però, dietro si sente il tuo profumo”.
La mia citazione preferita si trova alla fine del libro, nell’ultima riga, in fondo ai ringraziamenti, in quella parte verso cui non tutti i lettori si spingono: “Infine, sì, io e Lisa stiamo ancora insieme. Nonostante tutto quello che ho appreso negli ultimi due anni, non ho imparato nulla su come si fa a mantenere viva una relazione. Stare insieme come coppia ha richiesto molto più tempo e fatica di quanto non domandasse la pratica del rimorchio, ma mi ha reso molto più felice e soddisfatto. Forse perché, in fondo, non si tratta di un Gioco”.
Dieci principi per una terapia di coppia efficace. Julie e John Gottman
Gottman, J., Gottman, J.S. (2017). Dieci principi per una terapia di coppia efficace. Milano: Raffaello Cortina
I Gottman sono un mirabile esempio di unione tra competenza sul campo, ricerca scientifica, e capacità di cogliere i bisogni non ben soddisfatti da altri “competitor”. Il libro permette di fare chiarezza sulle dinamiche di coppia, aiutando a distinguere tra dicerie infondate su cosa funziona nel rapporto a due e cosa invece funziona davvero. Nel mio training come psicoterapeuta ho ascoltato tutto e il contrario di tutto su questo tema, e spesso le lezioni a cui ho assistito non sono state minimamente all’altezza né delle esigenze reali delle coppie, né di questo libro, che quindi consiglio caldamente. Uno dei passaggi a mio avviso più interessanti è quello che riguarda le regole per litigare bene: dato che le coppie che non litigano non sono vere coppie, bisogna imparare a farlo in modo sano. Ad esempio: non litigare quanto sei fisicamente troppo attivato (stacca un momento, allontanati dal tuo partner dicendo: “Adesso sono troppo arrabbiato. Ne parliamo più tardi”); non incolpare l’altro delle tue sensazioni di disagio, aiutalo invece a leggere la realtà dal tuo punto di vista (non dirgli “Mi fai sempre restare male”, ma “Ogni volta che mi dici quelle parole, io le vivo come se non ti interessasse di me, e questo mi fa stare male”); se col partner litigate sempre sullo stesso argomento, cerca una exit strategy, una modalità risolutiva (per continuare l’esempio precedente: “Ti va di provare a utilizzare delle parole diverse in modo tale che a me arrivi la sensazione che ti interessa di me?”).
La mia citazione preferita è: “Contano molto le interazioni positive, soprattutto nelle situazioni conflittuali. Quando i partner si ritrovano a discutere di un problema, se riescono a esprimere comprensione ed empatia, sorridono, cercano di operare una piccola riparazione o dicono qualcosa di divertente, è assai probabile che la loro relazione abbia successo. Le relazioni vanno molto meglio quando le interazioni positive e quelle negative stanno in un rapporto di almeno 5 a 1. Nelle relazioni destinate al fallimento si rileva invece un rapporto medio pari a 1: un’interazione positiva per ogni interazione negativa”.
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